L'ombra
di Masaniello è ancora presente nei pensieri dei napoletani
comandati dagli spagnoli, affamati dagli stessi che richiedevano
denari per finanziare le proprie guerre e la propria corte.
Il Duca di Guisa voleva mettere le mani su Napoli e così i napoletani sarebbero passati sotto il comando dei francesi.
Oscure trame venivano ordite avvalendosi dell'aiuto di signori locali che dovevano essere nemici dei francesi, ma quando c'è il denaro il colore o il partito non conta.
Sebastiano sentiva puzza di bruciato, lui che aveva partecipato attivamente al tentativo di salvare Napoli dagli spagnoli, conoscendo Masaniello e aiutandolo.
Era ancora scosso da quei ricordi anche perché sua moglie e sua figlia furono uccise in quel periodo.
Dopo anni aveva ripreso la sua attività di pittore e voleva che il suo nome diventasse importante e per farlo aveva accettato la commissione di Don Michele , suo caro amico, nel Palazzo Agliaro, dove stava dipingendo la cappella, sotto la supervisione di Donna Assunta (moglie di Don Michele).
La sua nuova (per quanto poteva essere tale) vita era stata sconvolta da una ragazza, Cecilia, che si era rifugiata nel Palazzo mentre fuggiva da degli sgherri che avevano trucidato la sua famiglia (onesti saltimbanco) e volevano concludere il loro compito uccidendo anche lei.
Il pittore, che faceva parte della rinomata Compagnia della Morte, alla fine cede e decide di proteggere Cecilia facendola diventare sua apprendista (anche se una pittrice donna era rarissima).
Sebastiano aveva il fiato sul collo di coloro che dovevano necessariamente concludere il loro compito (l'omicidio della sua apprendista) perché era a conoscenza di un sordido segreto (ed ora anche lui).
Tra raggiri, inganni, duelli e pestaggi, spunta silenziosa la peste.
Metà popolazione viene decimata, le strade diventano deserte, un ritrovo per fantasmi.
Porte e finestre delle case vengono bloccate da assi di legno. Da ciò si capiva che in quella casa c'erano dei malati che dovevano rimanere in quarantena.
In molti casi persone sane rimanevano bloccate nelle case con i malati, finendo per ammalarsi.
Solo le urla dei malati prigionieri nelle loro proprietà e i carri che trainavano i cadaveri riuscivano a squarciare l'innaturale silenzio creatosi per le strade di Napoli.
Come se l'ombra dolorosa della peste non bastasse, il popolo napoletano era minacciato dall'avidità francese.
La Compagnia della Morte costituisce il preambolo di Peste e spiega il disagio della popolazione napoletana nel Seicento. Colitto ricostruisce degnamente la situazione storica e crea un romanzo pregno di situazioni che tengono in sospeso il lettore.
La lettura, come al solito, è scorrevole. Colitto in modo semplice, senza fronzoli o discorsi arzigogolati, conduce il lettore alla fine (purtroppo) del romanzo regalandogli un finale a sorpresa., discostandosi da lieti fini (che magari qualche lettore si era prefisso in testa).
Per capire dovete leggere quest'ultimo lavoro di Alfredo Colitto e quando finirete, dovrete aspettare il suo nuovo romanzo.
Trama :
Napoli, 1655. Varcando la soglia di palazzo Guzmán con la sua famiglia di saltimbanchi, per intrattenere gli ospiti del conte, Cecilia non immaginava che la sua vita sarebbe cambiata per sempre. Dopo aver ricevuto gli applausi divertiti degli astanti, si ritrova nel parco del palazzo e assiste, impotente e terrorizzata, a un incontro segreto.
Il Duca di Guisa voleva mettere le mani su Napoli e così i napoletani sarebbero passati sotto il comando dei francesi.
Oscure trame venivano ordite avvalendosi dell'aiuto di signori locali che dovevano essere nemici dei francesi, ma quando c'è il denaro il colore o il partito non conta.
Sebastiano sentiva puzza di bruciato, lui che aveva partecipato attivamente al tentativo di salvare Napoli dagli spagnoli, conoscendo Masaniello e aiutandolo.
Era ancora scosso da quei ricordi anche perché sua moglie e sua figlia furono uccise in quel periodo.
Dopo anni aveva ripreso la sua attività di pittore e voleva che il suo nome diventasse importante e per farlo aveva accettato la commissione di Don Michele , suo caro amico, nel Palazzo Agliaro, dove stava dipingendo la cappella, sotto la supervisione di Donna Assunta (moglie di Don Michele).
La sua nuova (per quanto poteva essere tale) vita era stata sconvolta da una ragazza, Cecilia, che si era rifugiata nel Palazzo mentre fuggiva da degli sgherri che avevano trucidato la sua famiglia (onesti saltimbanco) e volevano concludere il loro compito uccidendo anche lei.
Il pittore, che faceva parte della rinomata Compagnia della Morte, alla fine cede e decide di proteggere Cecilia facendola diventare sua apprendista (anche se una pittrice donna era rarissima).
Sebastiano aveva il fiato sul collo di coloro che dovevano necessariamente concludere il loro compito (l'omicidio della sua apprendista) perché era a conoscenza di un sordido segreto (ed ora anche lui).
Tra raggiri, inganni, duelli e pestaggi, spunta silenziosa la peste.
Metà popolazione viene decimata, le strade diventano deserte, un ritrovo per fantasmi.
Porte e finestre delle case vengono bloccate da assi di legno. Da ciò si capiva che in quella casa c'erano dei malati che dovevano rimanere in quarantena.
In molti casi persone sane rimanevano bloccate nelle case con i malati, finendo per ammalarsi.
Solo le urla dei malati prigionieri nelle loro proprietà e i carri che trainavano i cadaveri riuscivano a squarciare l'innaturale silenzio creatosi per le strade di Napoli.
Come se l'ombra dolorosa della peste non bastasse, il popolo napoletano era minacciato dall'avidità francese.
La Compagnia della Morte costituisce il preambolo di Peste e spiega il disagio della popolazione napoletana nel Seicento. Colitto ricostruisce degnamente la situazione storica e crea un romanzo pregno di situazioni che tengono in sospeso il lettore.
La lettura, come al solito, è scorrevole. Colitto in modo semplice, senza fronzoli o discorsi arzigogolati, conduce il lettore alla fine (purtroppo) del romanzo regalandogli un finale a sorpresa., discostandosi da lieti fini (che magari qualche lettore si era prefisso in testa).
Per capire dovete leggere quest'ultimo lavoro di Alfredo Colitto e quando finirete, dovrete aspettare il suo nuovo romanzo.
Trama :
Napoli, 1655. Varcando la soglia di palazzo Guzmán con la sua famiglia di saltimbanchi, per intrattenere gli ospiti del conte, Cecilia non immaginava che la sua vita sarebbe cambiata per sempre. Dopo aver ricevuto gli applausi divertiti degli astanti, si ritrova nel parco del palazzo e assiste, impotente e terrorizzata, a un incontro segreto.
Il
conte Guzmán e un altro uomo stanno parlando del destino di Napoli e
di una congiura che potrebbe riportare la città nelle mani dei
francesi. Cecilia non sa nulla di politica, ma comprende subito il
pericolo in cui si trova: è l’unica testimone dell’atroce
tradimento. Quella stessa notte, infatti, la sua famiglia viene
assalita da tre sicari. Lei è la sola a sfuggire al massacro, grazie
al provvidenziale intervento di un uomo che le permette di
nascondersi in un palazzo deserto e misterioso.
Sebastiano
Filieri non ha più nulla nella vita, se non la sua pittura. Ha perso
la famiglia e gli ideali in pochi giorni, durante la breve,
sfortunata rivolta di Masaniello.
Quando
scopre il segreto di Cecilia, Sebastiano sa che il conte Guzmán non
riposerà finché non l’avrà uccisa. La ragazza potrebbe
riportarlo a combattere per la sua patria, per i valori che un tempo
guidavano la sua esistenza, ma la città di Napoli è minacciata da
un nemico più pericoloso della Francia, più infido dei governanti
spagnoli: la peste.
Titolo: Peste
Autore: Alfredo Colitto
Editore: Piemme
Prezzo: 17,90