domenica 28 dicembre 2014

I vizi capitali nelle letture: Gola

02i
Posso resistere a tutto, tranne alle tentazioni
Oscar Wilde
Il secondo vizio letterario di cui parlerò è la Gola.
Perfetto in questo periodo. Si arriva alla vigilia di Natale con la bava alla bocca visto che fino al 24 si fanno dei fioretti per non toccare il dolce o il salato. Non capisco se per rimanere in linea fino al fatidico giorno oppure per soffrire. Tanto poi appena arriva il 24 chi ha fatto il fioretto si butta su dolci, salato, bevande varie e recupera tutto quello che ha perso nei giorni precedenti!
Per la serie della dieta non rimane traccia alcuna!
Questo periodo è quindi perfetto per l’ingordigia che si fa strada tra pance e stomaci nella facile crescita di entrambi.
E’ facile trovare libri che parlano di cucina, ma io cerco libri che parlano del vizio senza dosi o ingredienti.
Ne ho trovati alcuni che riporto qui sotto.
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In principio era la tavola di Gopnik Adam, Guanda editore (pubblicato nel 2012).
“Non capisco come faccia una giovane coppia a iniziare la vita insieme comprando un divano o un televisore” disse una volta a Gopnik lo chef britannico Fergus Henderson. “Non lo sanno che la tavola viene prima?” E Adam Gopnik lo sa benissimo: la tavola è il principio di tutto. È il luogo dell’alimentazione e quindi della vita, ma è anche il luogo per eccellenza dove raduniamo gli affetti e perpetuiamo le tradizioni; un luogo di cultura gastronomica e di intrattenimento godereccio. Ma non è sempre stato così. L’autore di questo libro ce lo racconta con dovizia di aneddoti e curiosità. Quando, al posto delle antiche osterie, sono nati i moderni ristoranti? Quando la Rivoluzione ha messo a disposizione dei francesi un buon numero di chef, i cui aristocratici datori di lavoro avevano fatalmente perso la testa… Quando nelle nostre cucine si è cominciato a sentire il bisogno di ricettari? Quando la cucina ha cessato di essere il dominio esclusivo delle donne che, per amore o per forza, si tramandavano le ricette di generazione in generazione. Il tema della tavola, insomma, va ben oltre le disquisizioni eno-gastronomiche tanto di moda negli ultimi anni e le moderne ossessioni alimentari. Gopnik ci rivela, attraverso la storia dei grandi chef e quella dei grandi vini, la centralità del cibo e del bere come elemento di civiltà e continuità del vivere; ci guida con l’entusiasmo del gourmet attraverso i percorsi del gusto, non senza regalarci qualche segreto della sua cucina.
Da far venire l’acquolina in bocca, anche se in questo periodo è facile.
Dirò la verità, non ho mai letto un libro che trattasse del vizio della gola, ma c’è sempre il modo di rimediare. Suggerisco a voi possibili letture ed intanto segno per me quelle che mi stuzzicano.
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Gola. La passione dell’ingordigia. I 7 vizi capitali, di Rigotti Francesca, Il Mulino editore (pubblicato nel 2008).
È il vizio che si vede, perché inscritto nella carne, oltre che nell’anima: cosa si può dire che non sia già stato detto sulla gola, sul vizio che con la sua diffusione planetaria è alla base del fenomeno dell’obesità globale o “globesity”, come viene chiamata l’epidemia mondiale del sovrappeso? Si possono illustrare, accanto ai caratteri tradizionalmente attribuiti a questo peccato, tutti gli aspetti moderni che l’hanno modificato, attraverso gli eccessi del fast food e della McDonaldizzazione da un lato, e la ricerca dello slow food, del cibo genuino, biologico dall’altro. Il libro ripercorre le vicende dell’ingordigia, dagli smisurati e tragici banchetti del mondo antico ai menu del commissario Montalbano, dagli abusi gastronomici delle tavole imperiali all’insaziabile ingurgitare di Pantagruele. Se il rapporto col cibo è sempre stato difficile, ancor più difficile è trovare una misura tra concessione e proibizione. Ma poi peccato o malattia? Vizio volontario o predisposizione genetica, come si chiedono oggi dietologi e medici?
Credo che questo libro sia interessante visto che si pone domande intelligenti. Naturalmente si deve vedere se ci sono risposte altrettanto intelligenti. Ma almeno tratta il vizio in modo sociale. L’obesità in alcuni paesi sta diventando una piaga sociale e viene compromesso il regalo più grande che un umano possa ricevere, la salute. Complici pubblicità e interessi mediatici che indicano luoghi dove mangiare cibo spazzatura che viene recepito come buono dal cervello manipolato da intense ore di pubblicità ingannevole.
9788843071746
La cucina è arte? Filosofia della passione culinaria, di Perullo Nicola, Carocci editore (pubblicato nel 2014).
La cucina è arte? Questo saggio propone una risposta non convenzionale alla domanda attraverso un articolato percorso tra estetica, storia, antropologia e gastronomia. Ne risulta una sintesi concettuale che intende suscitare un dibattito su un problema al tempo stesso molto antico e attuale, ma che tocca anche la questione dell’arte nel suo complesso. Il volume si struttura in nove tesi, tra teoria ed esempi. Sintetizzandone il contenuto: la cucina è un’arte storicamente determinata, che si produce grazie a tecniche, saperi del corpo e capacità immaginative. Tuttavia, quest’arte non deve intendersi in base al modello formale della rappresentazione visiva, né come produzione eccezionale in antitesi alla dimensione del quotidiano. L’arte culinaria si misura piuttosto con la riuscita gustativa, irriducibile alla dimensione concettuale ed emotiva, e si gioca tra il richiamo del noto e la fascinazione del nuovo. Inoltre, essa attraversa la differenza dei generi, ha a che fare con l’interesse maternale, non si identifica nella nozione di autore per realizzarsi infine pienamente nel contesto ambientale del convivio.
La cucina è il laboratorio, la fucina del vizio in questione e cioè della gola. Perché in quel luogo vengono preparati manicaretti e prelibatezze.
Di contro nelle cucine industriali, mega stanzoni con mega pentoloni, vengono preparati cibi spazzatura. 
Le immagini che si creano nella mente sono di una cucina calda, luminosa, con cuochi che ridono e cantano per la prima e di un posto buio, freddo e con persone simili ad orchi per la seconda.
Ma effettivamente, la cucina è arte. Solo che l’arte culinaria consegue pazienza, armonia ed efficienza nel creare piatti che possono essere paragonati a dei quadri. Per creare un piatto artistico è necessaria la passione, cosa che le cucine industriali (il cibo industriale) non hanno. 
A mio avviso è necessaria anche la tradizione, perché i piatti tramandati per generazioni sono importanti e genuini. 
Forse il problema dei piatti artistici è la quantità, in certi casi minima, stile nouvelle cuisine.
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A tavola!Gli italiani in 7 pranzi, di Scarpellini Emanuela, Laterza editore (pubblicato nel 2012).
Nutrirsi è un’esperienza universale, ma non mangiamo le stesse cose, nello stesso modo, negli stessi luoghi. Osservando attentamente un pasto, potremmo spiegare tutto, o quasi, di una certa popolazione. Questo libro nasce così, per raccontare la storia e le geografie degli italiani partendo dal modo in cui mangiano, dalle usanze dei nobili nella seconda metà dell’Ottocento fino alle ipotesi sui decenni a venire. È realizzato intorno ad alcuni pranzi realmente avvenuti, ricostruiti attraverso fonti storiche di varia natura; usa la storia, ma anche la letteratura, l’arte, i media e le testimonianze orali per spiegare cosa c’è dietro (e dentro) quei piatti.
Giustamente il modo di mangiare varia a seconda dei luoghi.
Un post divertente che va in giro su Facebook distingue ad esempio il pranzo di Natale al Nord e al Sud.
Pranzo di Natale a Nord: Antipastino, Primo, Nebbia, Caffé.
Pranzo di Natale a Sud: 12 Antipasti, 7 Primi, 9 Secondi, 5 Decimi, 13 Panettoni, 1 Re Magio.
Credo proprio rispecchi la realtà. Tradizioni diverse che son portate avanti da generazioni.
Non so cosa faranno quelle nuove visto che portano l’iphone o altri smartphone sulla tavola in attesa di messaggi normali (su Whatsapp, i normali SMS son quasi finiti nel dimenticatoio), messaggi vocali (sempre su Whatsapp o viber, o altri. Meglio se il messaggio supera una riga perché avendo carenze di italiano anche se c’è l’aiuto del correttore, si evitano di fare brutte figure. Sempre se chi riceve il messaggio conosce la grammatica italiana), immagini varie (mandate sempre attraverso Whatsapp) oppure messaggi mandati attraverso social network sempre aperti su certi cellulari (poi si lamentano della già carente batteria!). Loro non credo badino alle tradizioni (forse pochi, ma sicuramente non tutti), anche perché non appena arrivano diecimila messaggi il giovine si alza da tavola dicendo che deve necessariamente raggiungere i suoi amici al bar anche se il pranzo o la cena non è finita.
Questi libri stanno stuzzicando la mia curiosità credo che li prenderò tutti, sono interessanti da leggere.
All’inizio dell’articolo ho accennato ai libri di cucina che spiegano come applicare il vizio a tavola.
Ebbene ne cito alcuni solo perché magari alcuni possono trovarli interessanti, anche se in cucina serve fantasia e soprattutto tradizione.
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Dire, fare, brasare di Carlo Cracco, Rizzoli editore; E’ pronto! Di Benedetta Parodi, Rizzoli editore; Pure tu vuoi fare lo chef? Di Cannavacciuolo, Mondadori editore; La cucina di casa Clerici. Le mie ricette facili e golose da portare in tavola ogni giorno. Di Antonella Clerici, Rizzoli editore.
E molti altri, questi sono alcuni dei più venduti nel mese di dicembre.
Ormai la cucina è diventata mediatica e ci son battaglie di ascolti tra fornelli.
Ripeto che sarebbe meglio seguire le tradizioni per mangiare sicuramente dei buoni e creativi piatti mantenendosi fedeli al peccato di gola che tanto piace a noi italiani e che tanto ci invidia il resto del mondo (o almeno ci invidiava prima di rovinarlo con influssi stranieri o cibo spazzatura)!


Articolo scritto per iltempolastoria.it

http://www.iltempolastoria.it/rubriche/libri-in-viaggio/i-vizi-capitali-nelle-letture-gola/

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