mercoledì 20 novembre 2013

Un altro addio letterario



Un brutto periodo per la Letteratura, dopo la scomparsa di Doris Lessing anche il maestro di Io speriamo che me la cavo, Marcello D'Orta, ci ha lasciato.
Malato da tempo, non è riuscito a combattere un cancro che l'ha sconfitto all'età di 60 anni.
Diventato famoso per aver scritto il libro Io speriamo che me la cavo, che raccoglie sessanta temi dei “suoi” bambini della scuola elementare di Arzano, provincia di Napoli.
Un libro tragico e comico al tempo stesso, pieno di errori grammaticali nel quale risalta la realtà che vivevano quei bambini, la vita quotidiana riportata con la semplicità degli stessi.
Una realtà che è stata portata sul grande schermo da Lina Wertmuller, con Paolo Villaggio nei panni del maestro genovese che insegnava in una scuola della periferia di Napoli, lasciata in uno stato di degrado.
Il film ha dato visibilità a giovani attori napoletani da Ciro Esposito a Adriano Pantaleo (Spillo di Amico mio).
Marcello non era più maestro da un po' di tempo, dopo il successo di Io speriamo che me la cavo (diventato un bestseller che ha venduto più di un milione di copie) , ma lo era dentro, perché come lui diceva sempre
«se lo si è fatto con passione, maestro si rimane per tutta la vita».
D'Orta ha scritto anche altri libri, Nero napoletano, Il maestro sgarrupat, uno sul mistero della conversione di Leopardi e sulla sua morte, Dio ci ha creato gratis (mezzo milione di copie vendute), stava curando la stesura di un libro su Gesù (non aveva ancora deciso il titolo).
Si può notare l'interesse dello scrittore, nei confronti di temi cristiani. «Mio padre è stato un credente che ha sempre approfondito la sua fede in un modo meraviglioso» dice Giacomo D'Orta, il figlio di Marcello.
Nonostante fosse malato, Marcello ha scritto fino a poche settimane fa, perché amava scrivere.
Dopo la diagnosi sul suo tumore aveva criticato severamente la camorra, perché “grazie” ai rifiuti i casi di cancro erano aumentati vertiginosamente, «
Donde viene questo male a me che non fumo, non bevo, non ho vizi, consumo pasti da certosino?...A chi devo dire grazie? Certamente alla camorra».
Purtroppo nella sua città i colleghi non lo consideravano, «A Napoli fanno finta di non conoscermi. Se c'è un convegno sugli scrittori napoletani, non mi invitano certo. Per gli esponenti della letteratura di Napoli io non esisto»
E' deprimente constatare che uno scrittore vero che metteva in risalto i problemi reali di una Napoli «distante dalla civiltà, lontana dalla modernità», veniva ignorato come per non preoccuparsi dei problemi da risolvere, come per esorcizzare dei problemi che rimangono e che diventano sempre più difficili da eliminare.




I buoni rideranno e i cattivi piangeranno,
quelli del Purgatorio un po' ridono e un po' piangono.
I bambini del limbo diventeranno farfalle.
Io speriamo che me la cavo.








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